Dalla piantina alla tazza, il percorso del caffè

Il caffè è la bevande più amata al mondo grazie al suo gusto, e anche all’interessante processo di lavorazione dal seme alla pianta. Oggi andiamo a parlare del percorso del caffè dalla semina alla tazza da gustare.

La semina, la raccolta e la lavorazione preliminare del caffè

I chicchi di caffè sono in realtà dei semi e solo dopo che sono stati asciugati, arrostiti e macinati si possono utilizzare per preparare la bevanda in tazza. I semi vengono normalmente piantati in grandi letti ombreggiati, e dopo la germinazione le giovani piantine crescono per alcuni giorni prima di spostarle in singoli vasi con terreni accuratamente formulati allo scopo di garantirne uno sviluppo ottimale.

Le piantine in vaso sono ombreggiate dal sole cocente, e annaffiate frequentemente fino a quando non sono abbastanza vigorose da essere spostate nel loro luogo di crescita permanente. La semina tuttavia viene eseguita meglio durante la stagione delle piogge per garantire che il terreno rimanga umido man mano che le radici si stabilizzano.

A seconda della varietà specifica, ci vogliono circa 3-4 anni affinché i cespugli di caffè appena piantati producano i famigerati chicchi. Premesso ciò, una volta pronti si possono raccogliere anche se la maturazione può avvenire in periodi diversi; infatti, in paesi come il Brasile dove la terra è pianeggiante e il caffè viene coltivato in grandi aziende agricole, i chicchi vengono raccolti automaticamente sia dalle macchine che dall’uomo. In entrambi i casi vengono adottati due metodi, ossia il primo prevede la raccolta delle strisce poichè i chicchi vengono rimossi dal ramo a mano o con l’ausilio di una macchina, mentre il secondo invece viene definito raccolta selettiva che prevede solo quella dei chicchi maturi dal colore rossastro. Dopo la raccolta, i chicchi vengono elaborati il prima possibile per evitarne il deterioramento.

A seconda delle risorse e della posizione geografica, viene utilizzato un determinato metodo come ad esempio quello a secco che è il più antico ed è ancora oggi molto popolare nelle regioni in cui l’acqua è scarsa. Nello specifico i chicchi vengono distribuiti su una grande superficie e lasciati asciugare al sole per 15-20 giorni, e nel corso di tale periodo degli addetti provvedono a girarli e rastrellarli ogni 24 ore per evitare la fermentazione e per assicurare che si asciughino uniformemente. A seconda delle condizioni meteorologiche, il processo di essiccazione può richiedere diverse settimane per ogni singola raccolta, fino a quando non raggiungono un coefficiente di umidità inferiore all’11%. In questa fase, lo strato esterno si sarà seccato e diventerà nero e fragile.

L’asciugatura tra l’altro rende molto più facile la rimozione della pelle esterna. In alternativa a questo antico metodo di lavorazione preliminare dei chicchi di caffè, molti produttori la effettuano optando per il metodo bagnato e che nello specifico grazie proprio all’acqua che spreme la pelle i chicchi rimarranno senza danni. Successivamente vengono selezionati a mano e utilizzati per produrre caffè di qualità inferiore.

Il processo di macinazione del caffè

Prima di essere immessi sul mercato, i chicchi di caffè essiccati vengono lavorati con una sequenza ben precisa; infatti, innanzitutto si procede alla rimozione della buccia a cui fa seguito la lucidatura, anche se questo è un passaggio facoltativo che viene saltato da alcuni produttori. Premesso ciò, dopo la suddetta lucidatura (considerati di qualità superiore rispetto a quelli non lucidati), vengono poi ordinati e classificati in base alle dimensioni e al peso.

I chicchi lucidati sono anche controllati per incoerenze di colore e altri difetti con le mani e il processo è molto scrupoloso e può richiedere diverse ore. Alla fine della macinazione, solo i migliori chicchi vengono confezionati per la vendita ai mercati di fascia alta. Questi ultimi che in pratica sono le aziende che lo commercializzano all’ingrosso e al dettaglio provvedono alla torrefazione.

La torrefazione del caffè

Quando si parla di torrefazione del caffè, prima di descriverne la procedura è importante sottolineare che i chicchi non torrefatti noti anche come caffè verde hanno tutti i sapori racchiusi in essi. La torrefazione cerca quindi di trasformare il caffè verde in marrone con la tostatura che viene effettuata a temperature di circa 280° durante i quali i chicchi di caffè verde vengono ruotati continuamente per evitare la combustione.

Una volta che assumono la suddetta tonalità scura inizia a emergere un olio profumato (caffeolo). Questa fase di torrefazione si chiama pirolisi ed è il cuore della procedura in oggetto, e che dona al caffè l’aroma e il sapore che si può notare ogni qual volta questa bevanda viene servita in tazza.